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Eccoci qua

FRANZ - Ne abbiamo parlato io e Patrick. Siamo sempre stati molto amici e negli ultimi anni abbiamo lavorato insieme. Ci sembrava davvero il momento giusto, così telefono a Flavio.
"Sai, sarebbe bello tornare a suonare..."
"Ma... ci ho pensato anch'io... mi sono un po' rotto i coglioni di fare la pubblicità... ma sì, quasi quasi..."
A quel punto è incominciato il flash-back: ho rivisto la partita a scopa americana, ho rivisto la guerra del ghiaccio al Sunset Marquet, ho rivisto le notti sul camioncino verde... ma Flavio era più pratico.
"Ehì... non ricominceremo mica con le valigie in giro?"
Flavio è così, gli dà proprio fastidio. Vedremo, mi sono detto. Intanto c'era da sedurre anche Franco, e ci vediamo tutti e quattro al ristorante. Anche lui era quello di sempre: "Ma si, adesso ci pensiamo. Con calma, vediamo..."
Ma si vedeva che 'la cosa lo intrippava. Non voleva dirlo subito perché non gli piace prendere decisioni impulsive.
Mi ha telefonato il giorno dopo: "OK"!
E allora andiamo a RTI. Il progetto interessa, prendiamo gli accordi, grande entusiasmo e poi ci prendiamo una pausa di riflessione. Ma questa volta non è durata dieci anni! Siamo stati a lavorare un annetto tra provini, buttar giù pezzi, buttarne via, scartare e ritagliare, vedere e cucire, finché un bel giorno ci decidiamo: in sala... ma quando siamo tutti liberi? Questo è il problema. Soluzione: vacanze di lavoro.

Agosto a Rimini.

FLAVIO - PFM ha ricominciato ad essere un gruppo vivo.
Lo stimolo di scrivere di nuovo per noi, di risuonare con i miei vecchi amici, di sentire quello che sarebbe uscito dopo 15 anni é stato fortissimo.
Ulisse, un album concept ed intenso, è un lavoro che forse si é protratto un po' nel tempo, ma è stata una cosa assolutamente inevitabile dopo cosi tanti anni di inattività. Poi un tour teatrale.
Certo oggi è tutto molto diverso dai vecchi tour ,ma l'entusiasmo e la grinta che ci hanno sempre contraddistinto continua ad accompagnarci. Ci divertiamo noi e, di conseguenza, si diverte anche il pubblico.

PATRICK - Eventi improbabili nella storia del Umanità:
    La scoperta del fuoco
    La caduta del impero Romano
    La conquista della Luna
    La caduta del muro di Berlino
    La riunione della PFM....... Eppure......

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Recording

Siamo di nuovo tutti insieme appassionatamente, nella villa di uno studio che si chiama Heaven. In effetti è un paradiso. In mezzo alla campagna, davanti a San Patrignano. Collinette, giardino e tanto verde. Ho subito organizzato la palestra, perché Di Cioccio è pragmatico e la batteria è uno strumento fisico. Mi alleno come Rocky: l'ho già detto, ma è un'idea che visualizza bene la realtà. Nessuno di noi ha mai smesso di suonare, ma bisogna ritrovare certi meccanismi, è necessario essere al massimo. Per essere elastici, scattanti, per suonare di nuovo insieme a occhi chiusi. Mi alzo sempre presto. Me lo ha insegnato il mio cane, ZIGGY BASTARD, che ha una faccia che ricorda DAVID BOWIE, con un occhio turchese e l'altro di agata scura. Lui mi ha insegnato ad alzarmi presto e io, musicista nottambulo, ho cambiato la notte con il giorno. E ho scoperto che così è molto meglio. Ma anche Patrick, Franco e Flavio si alzano presto e così il way of life della PFM di questo periodo prevede la sveglia alle 7.30.
Istigato da Ziggy, mi faccio sei chilometri di corsa, su e giù dalla collina. Arrivo con il giornale fresco, non in bocca come farebbe lui, ma in mano come un umano e di solito trovo Mussida che esce dalla piscina: lui preferisce nuotare. Patrick e Flavio sono più sedentari, ma ci raggiungono presto e a volte si entra in sala che il sole non è ancora caldo.
La sala più grande è dietro alla veranda dove mangiamo. È un salone con un tappeto enorme e il caminetto. C'è anche la mia batteria e insieme a me suona Patrick.

      

Nel piano di sopra c'è lo studio vero e proprio, con una sala dove suonano Flavio e Franco. Ci teniamo in contatto con una serie di televisori a circuito chiuso, ognuno ha la sua telecamera e ci salutiamo: "Ciao, ciao! Ah, mi vedi?..."
E finalmente, dico finalmente, dopo molti anni, ritroviamo il piacere di suonare tutti i giorni. Stiamo insieme, ci parliamo, litighiamo, ci rimandiamo affanculo... ed è una bellissima sensazione, perché scopri che in realtà nessuno è cambiato. I difetti però sono diventati peggio ma i pregi pure, perché tutto col tempo diventa più radicato. Per esempio Franco si è fatto fare una chitarra nuova senza tasti, fatta da un liutaio. Oh, mi sono detto, finalmente Franco non ha riflettuto più del solito. Si è fatto prendere dalla libidine del musicista e si è fatto fare una chitarra nuova. Bene! E così, come per magia, sono riscattati gli schemi. Avevamo dei pezzi già provati, ma abbiamo voluto dare molto spazio all'improvvisazione. Entrate, uscite, invenzioni del momento. E abbiamo deciso di tenere i finali lunghi, perché ci divertiva suonarli. Non abbiamo seguito uno schema preciso, non abbiamo fatto ragionamenti di marketing o discorsi teorici sulla musica di oggi, di ieri e di domani. Abbiamo fatto dei pezzi che ci piacciono, riprendendo in mano la vecchia formazione "ChitaBasBatOrga", cioè chitarra, basso, batteria e organo. Abbiamo fatto e rifatto, finché il pezzo non gira bene, finché non fai più fatica a suonare: allora ci sei.

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Colata di parole

FRANZ - Nel concerto in cui io debuttai ufficialmente come cantante, nel 1980, ne combinai una delle mie. Eravamo a Cesena e volevamo fare un omaggio a De André. Così abbiamo pensato di aggiungere al nostro repertorio dei pezzi che facevamo con lui. Uno di questi era Il pescatore. Allora io prendo un tamburone grande, di circa un metro e mezzo di diametro, forse anche di più. Era una specie di grancassa tenuta con dei sostegni che si chiama gong drum e si usa anche nelle orchestre classiche. E su questo bel tamburone un po' inclinato scrivo i pezzi di testo che non mi ricordavo bene.
Sorpresi? Be', lo ero anch'io. E già lo ero stato un anno prima, quando avevo visto Fabrizio cantare con il leggìo.
Girava le pagine e leggeva i versi. I versi, non la musica.
Ma guarda un po' che strano, mi sono detto, questo qui è proprio fuori. Ha scritto Bocca di rosa, Marinella... e tutte queste canzoni che so perfino io, che sanno tutti, e se ne va in giro col leggìo. Possibile che non se le ricordi?
"Belin" mi diceva Fabrizio "non si possono mica ricordare cinquanta canzoni!"
"Ma le hai scritte tu…" E’ come se uno ti dicesse: "Dimmi Davanti S. Guido, la poesia di CARDUCCI", uno la impara da bambino e la sa..." "E belin! Io non me le ricordo!" Lo guardavo e scuotevo la testa. Che strano, pensavo, fossi al posto suo me le ricorderei.
E invece no, aveva ragione lui. Non me le ricordavo.Allora mi metto lì e scrivo sul mio tamburo. Non mi sentivo sicuro perché Il pescatore è molto facile, nel senso che è piena di rime baciate e assonanze, con versi classici di nove sillabe, molto ritmici:

All'ombra dell'ultimo sole
si era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso...

Questa era la prima strofa e me la ricordavo. Ma poi c'era quella storia dei gendarmi… non riuscivo a essere mai sicuro del tutto. Non ricordavo se i gendarmi vedevano prima questo o prima quello, se il pescatore sorride e ha la ruga lungo il viso oppure se i gendarmi non avevano capito che era un sorriso... insomma, facevo un gran casino. Freddamente, a tavolino, lo puoi ricordare, ma mentre il ritmo va e la rumba gira, non è che tu puoi fermare tutti e dire: "Scusate un attimo... qui come cazzo faceva?".
Così scrivo tutto su questo tamburone. Fantastico, avevo trovato l’inghippo quindi… mi metto lì, con il mio tamburone davanti e… parte la musica: "All’ombra dell’ultimo sole…" e la gente applaude. Evviva! Ma quando giro la testa per leggere sul tamburone… le parole sono tutte pasticciate. Avevo usato un pennarello nero e… Durante l’intervallo aveva piovuto un po’: L’inchiostro si era scolorito e colava sulla pelle del tamburo, mestamente, come le lacrime, o il solco, o cosa cavolo, sul viso del pescatore. Panico. Sussulto d’orgoglio: Show must go on! E mi ritrovo ad improvvisare, aggrappandomi a quel poco che restava scritto. "All’ombra del… gendarmi… sorriso… pescatore…. d’un cortile…"
Insomma, me la cavo alla meno peggio. Finito il concerto arriva in camerino un romagnolo. " Mo senti un po’, il testo non l’hai mica detto come quello di Fabrizio…"
" Sì, lo so, ma sai, a volte te ne sfugge una…"
"Ma hai mischiato una strofa con un’altra! Non la sappiamo mica tanto bene, veh!"

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